In Altum

Madonna delle Nevi, plasma il nostro cuore a immagine del tuo.

Accanto al malato inguaribile

Pubblicato nella sezione (In Altum n° 163)

Estratti di due discorsi di Benedetto XVI ai partecipanti al Congresso indetto dalla Pontificia Accademia per la Vita nel febbraio 2008

Cari fratelli e sorelle, con viva gioia porgo il mio saluto a voi tutti che partecipate al Congresso indetto dalla Pontificia Accademia per la Vita sul tema “Accanto al malato inguaribile e al morente: orientamenti etici ed operativi”. [...]

Quando si spegne una vita in età avanzata, o invece all’alba dell’esistenza terrena, o nel pieno fiorire dell’età per cause impreviste, non si deve vedere in ciò soltanto un fatto biologico che si esaurisce, o una biografia che si chiude, bensì una nuova nascita e un’esistenza rinnovata, offerta dal Risorto a chi non si è volutamente opposto al suo Amore.

Con la morte si conclude l’esperienza terrena, ma attraverso la morte si apre anche, per ciascuno di noi, al di là del tempo, la vita piena e definitiva. Il Signore della vita è presente accanto al malato come Colui che vive e dona la vita, Colui che ha detto: “Sono venuto perché abbiamo la vita e l’abbiamo in abbondanza” (Gv 10,10), “Io sono la Resurrezione e la Vita: chi crede in me, anche se muore vivrà”, (Gv 10,25) e "Io lo resusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,54).

In quel momento solenne e sacro, tutti gli sforzi compiuti nella speranza cristiana per migliorare noi stessi e il mondo che ci è affidato, purificati dalla Grazia, trovano il loro senso e si impreziosiscono grazie all’amore di Dio Creatore e Padre. Quando, al momento della morte, la relazione con Dio si realizza pienamente nell’incontro con “Colui che non muore, che è la vita stessa e lo stesso Amore, allora siamo nella vita; allora viviamo” (Benedetto XVI, Spe salvi, n. 27). Per la comunità dei credenti, questo incontro del morente con la Sorgente della Vita e dell’Amore rappresenta un dono che ha valore per tutti, che arricchisce la comunione di tutti i fedeli.

[…] Pur nella consapevolezza del fatto che “non è la scienza che redime gli uomini” (Benedetto XVI, Spe salvi, n. 26), la società intera e in particolare i settori legati alla scienza medica sono tenuti ad esprimere la solidarietà dell’amore, la salvaguardia e il rispetto della vita umana in ogni momento del suo sviluppo terreno, soprattutto quando essa patisce una condizione di malattia o è nella sua fase terminale.

Più in concreto, si tratta di assicurare ad ogni persona che ne avesse bisogno il sostegno necessario attraverso terapie e interventi medici adeguati, individuati e gestiti secondo i criteri della proporzionalità medica, sempre tenendo conto del dovere morale di somministrare (da parte del medico) e di accogliere (da parte del paziente) quei mezzi di preservazione della vita che, nella situazione concreta, risultino “ordinari”. Per quanto riguarda, invece, le terapie significativamente rischiose o che fossero prudentemente da giudicare “straordinarie”, il ricorso ad esse sarà da considerare moralmente lecito ma facoltativo.

Inoltre, occorrerà sempre assicurare ad ogni persona le cure necessarie e dovute, nonché il sostegno alle famiglie più provate dalla malattia di uno dei loro componenti, soprattutto se grave e prolungata.

« [Nella regolamentazione del lavoro,] i diritti dovrebbero essere riconosciuti

nella fase terminale della malattia di un genitore »

Anche sul versante della regolamentazione del lavoro, solitamente si riconoscono dei diritti specifici ai familiari al momento di una nascita; in maniera analoga, e specialmente in certe circostanze, diritti simili dovrebbero essere riconosciuti ai parenti stretti al momento della malattia terminale di un loro congiunto. Una società solidale ed umanitaria non può non tener conto delle difficili condizioni delle famiglie che, talora per lunghi periodi, devono portare il peso della gestione domiciliare di malati gravi non autosufficienti.

Un più grande rispetto della vita umana individuale passa inevitabilmente attraverso la solidarietà concreta di tutti e di ciascuno, costituendo una delle sfide più urgenti del nostro tempo. […]

In una società complessa, fortemente influenzata dalle dinamiche della produttività e dalle esigenze dell’economia, le persone fragili e le famiglie più povere rischiano, nei momenti di difficoltà economica e/o di malattia, di essere travolte. Sempre più si trovano nelle grandi città persone anziane e sole, anche nei momenti di malattia grave e in prossimità della morte.

In tali situazioni, le spinte eutanasiche diventano pressanti, soprattutto quando si insinui una visione utilitaristica nei confronti della persona. A questo proposito, colgo l'occasione per ribadire, ancora una volta, la ferma e costante condanna etica di ogni forma di eutanasia diretta, secondo il plurisecolare insegnamento della Chiesa. [...]

La società, per parte sua, non può mancare di assicurare il debito sostegno alle famiglie che intendono impegnarsi ad accudire in casa, per periodi talora lunghi, malati afflitti da patologie degenerative (tumorali, neurodegenerative, ecc.) o bisognosi di un’assistenza particolarmente impegnativa.

In modo speciale, si richiede il concorso di tutte le forze vive e responsabili della società per quelle istituzioni di assistenza specifica che assorbono personale numeroso e specializzato e attrezzature di particolare costo. E’ soprattutto in questi campi che la sinergia tra la Chiesa e le Istituzioni può rivelarsi singolarmente preziosa per assicurare l’aiuto necessario alla vita umana nel momento della fragilità. [...]

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 La frase :

 « Solo l'amore generoso, il dono disinteressato della propria vita, può vincere l'odio verso Dio e verso l'uomo, che è la matrice di ogni rivoluzione. »

Crediti fotografici : © Hospiceaastha, CC-BY-SA-4.0, Wikimedia Commons

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