Monsignor Pierre-Marie Théas (1894-1977) (2/2)
Una fede a tutta prova (2/2)
Nel 1969, Mons. Théas fu riconosciuto « Giusto tra le nazioni » allo Yad Vashem. Per aver denunciato già nel 1942, come vescovo di Montauban, i rastrellamenti antisemiti, nell'estate del 1944 conobbe il carcere, poi sessantasette giorni di internamento nel campo di Compiègne, dove esercitò un ministero incessante. Proprio di fronte alla nostra casa Domini di Montauban, si trova la grotta di Lourdes. Fu qui che numerosi sacerdoti e fedeli della diocesi vennero per implorare la Madonna per la sua liberazione. Oggi, si possono vedere lì gli ex voto che attestano l'esaudimento delle loro richieste.
Il 12 settembre 1944, tre giorni dopo il suo ritorno a Montauban, Mons. Théas ricevette i suoi sacerdoti per condividere con loro la sua azione di grazia. Iniziò raccontando loro come la Provvidenza avesse preparato tutto: nei giorni precedenti il suo arresto, aveva tratto luce e forza da un ritiro a En-Calcat. Il giorno prima, 8 giugno, una forza irresistibile lo aveva portato a decidere di tenere una congresso in onore del Sacro Cuore e a fare ad esso un voto. Poi, Monsignore parlò loro in questi termini dei frutti spirituali che aveva tratto dalla sua prova :
« Il bene della povertà assoluta, la povertà che ha fame, che è dura da sopportare, ma che è la vera ricchezza: come si sente allora che è nella spoliazione e nel distacco, quando manca tutto, che si possiede tutto; la povertà è una sorgente di gioia, di serenità, di pace e, come dice Santa Teresa :
'La povertà è un’alta sovranità.'
Il bene dell’umiltà che sola ci permette di sopportare, senza batter ciglio, tutte le umiliazioni e le vessazioni, l’odio e il disprezzo di cui sono vittime i detenuti civili che, soli, non hanno alcun diritto di fronte a un nemico implacabile. E pensiamo a Cristo schernito, flagellato, percosso, che taceva e non si lamentava. Il bene dell'abbandono alla Provvidenza. Dire a se stessi ogni mattina :
‘Possono torturarmi, deportarmi, uccidermi… o liberarmi’ è lo stato d’animo migliore per aggiungere con piena fiducia : ‘Mio Dio, mi metto nelle tue mani.’
Il bene di un'unione più intima con la diocesi: da entrambe le parti, era necessaria questa assenza per realizzare questa presenza. Mai la diocesi si è sentita così vicina al suo vescovo e ha pregato così tanto per lui. E il vescovo non ha mai sentito la sua diocesi così presente nei suoi pensieri e nel suo cuore.
Il bene dei contatti apostolici. Ore benedette, che i sacerdoti non dimenticano: l'accoglienza dei carcerati. La scoperta di anime splendide, nella loro sofferenza salite così in alto che si potrebbe dire che ci sono dei santi da canonizzare. Accanto al male e all'errore c'è sempre del bene, un frammento di verità, uno spiraglio attraverso il quale può passare la possibilità di comprendersi e quindi già di amarsi. Che meravigliosi esempi anche di aiuto reciproco, dove talvolta si rinnova l’insegnamento datoci dal Buon Samaritano; e quali possibilità di apostolato attraverso le conferenze apologetiche, i ritiri, la Santa Messa. Bene incomparabile quello della presenza della Chiesa e della sua partecipazione alle sofferenze della patria. »
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Crediti fotografici : © Isabelle Gabrieli – Institut Théas ; © Diocèse de Montauban