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Lione 1793, città martire

Pubblicato nella sezione (In Altum n° 158)

Se Lione è conosciuta per la storia dei suoi primi martiri, San Potino, Santa Blandina e i loro compagni, lo è meno per i suoi « martiri » della Rivoluzione francese.

L'8 marzo 1793, il club giacobino riuscì a prendere il potere nel comune. Joseph Chalier (foto), presidente del club, ebbe allora pieni poteri per introdurre una politica di terrore. Installò una ghigliottina in Place Bellecour e effettuò numerosi arresti arbitrari. Nella sua casa fu trovata una lista di ventimila persone da eliminare. Il 29 maggio 1793, il popolo esasperato si sollevò in nome della Libertà. Assaltarono il Municipio e arrestarono Chalier.

A Parigi, l'insurrezione fu vista come una ribellione e fu inviato l'esercito delle Alpi per sottomettere la città assediandola. A Lione si organizzò la resistenza e venne scelto come capo il conte di Précy, ex colonnello della guardia reale. Dopo un assedio di circa due mesi, i lionesi, dopo essersi difesi coraggiosamente, non poterono più resistere e quel che rimaneva dell'esercito tentò di abbandonare la città: fu un massacro cui pochi scamparono. L’esercito della Convenzione prese allora possesso della città e, il 12 ottobre, fu firmato un decreto: « Lione ha fatto guerra alla libertà, Lione non esiste più ».

Da quel momento, Lione perse il suo nome e divenne nota come « Città affrancata ». La Convenzione voleva reprimere la popolazione lionese. Ogni giorno venivano eseguite esecuzioni con la ghigliottina in Place des Terreaux, ma a Parigi ritenevano che ciò non fosse abbastanza rapido. Furono inviati Fouché e Collot-d'Herbois che gareggiarono in ingegno per giustiziare in massa i lionesi che resistevano. Li fucilarono nella piana di Brotteaux e si arrivò addirittura a sparare con i cannoni ai condannati a morte (foto). In sei mesi furono giustiziate quasi duemila persone, spesso con la sola motivazione di « controrivoluzionario ». In città furono organizzate cerimonie blasfeme per vendicare la morte di Chalier, ghigliottinato dai lionesi, come la famosa festa dell’asino in cui si svolse una processione con, oltre ad un busto di Chalier, un asino vestito con i paramenti episcopali. Ma Nostro Signore fece in modo che un violento temporale venisse a disturbare la « festa ».

Tra le vittime, alcune furono arrestate a causa della loro fede. È il caso del vicario generale, il sacerdote refrattario (N.d.T. Da Dizionario De mauro: durante la Rivoluzione francese, ciascuno dei preti che rifiutarono di giurare fedeltà alla costituzione del 1790.) Thomas Merle de Castillon, tornato segretamente dal suo esilio in Savoia. Con padre Linsolas organizzò una vera e propria Chiesa clandestina che operava segretamente in città, sotto la guida di molte pie donne. Il suo zelo per continuare a condurre la diocesi rimanendo in città lo portò ad essere arrestato nell'ottobre 1793. Trascorse un mese e mezzo in prigione, periodo durante il quale fu molto attivo nel riconciliare i preti giurati con la Chiesa cattolica romana, e la sua ultima lettera a padre Linsolas mostra i suoi nobili sentimenti cristiani: « Sono molto felice e molto tranquillo, mio caro collega; aspetto la morte, credo addirittura di esservi destinato: prega il Signore e fallo pregare dai cattolici affinché mi dia la forza di confessare la mia fede. Dio effonde le più abbondanti benedizioni sul mio ministero, lavoro molto... sai cosa intendo. » Morì ghigliottinato il 15 dicembre 1793 per aver voluto « fanatizzare » la sua diocesi.

Seguendo il suo esempio, molti sacerdoti, religiosi e religiose che vollero rimanere fedeli al loro impegno, così come i fedeli laici che avevano nascosto sacerdoti refrattari, subirono la stessa sorte. Il nihil obstat (nulla osta) di Roma è stato dato per l'apertura del processo di beatificazione di ottanta di loro.

(Per saperne di più, visitate la cripta della nostra casa di Lione o andate al sito dedicato ai martiri del 1793-1794)

Crediti fotografici : David Monniaux — Foto personale, CC BY-SA 3.0 Wikimédia Commons

 

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