"Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame" (Mt 4,2)
Messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima 2009
Possiamo domandarci quale valore e quale senso abbia per noi cristiani il privarci di un qualcosa che sarebbe in se stesso buono e utile per il nostro sostentamento. Le Sacre Scritture e tutta la tradizione cristiana insegnano che il digiuno è di grande aiuto per evitare il peccato e tutto ciò che ad esso induce. Per questo nella storia della salvezza ricorre più volte l'invito a digiunare.
Già nelle prime pagine della Sacra Scrittura il Signore comanda all'uomo di astenersi dal consumare il frutto proibito : « Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire » (Gn 2,16-17). Commentando l'ingiunzione divina, san Basilio osserva che « il digiuno è stato ordinato in Paradiso », e « il primo comando in tal senso è stato dato ad Adamo ». Egli pertanto conclude : « Il 'non devi mangiare' è, dunque, la legge del digiuno e dell'astinenza » (Omelia sul digiuno : PG 31, 163, 98).
Poiché tutti siamo appesantiti dal peccato e dalle sue conseguenze, il digiuno ci viene offerto come un mezzo per riannodare l'amicizia con il Signore. Così fece Esdra prima del viaggio di ritorno dall'esilio alla Terra Promessa, invitando il popolo riunito a digiunare « per umiliarci - disse - davanti al nostro Dio » (8,21). L'Onnipotente ascoltò la loro preghiera e assicurò il suo favore e la sua protezione.
Altrettanto fecero gli abitanti di Ninive che, sensibili all'appello di Giona al pentimento, proclamarono, quale testimonianza della loro sincerità, un digiuno dicendo : « Chi sa che Dio non cambi, si ravveda, deponga il suo ardente sdegno e noi non abbiamo a perire! » (3,9). Anche allora Dio vide le loro opere e li risparmiò.
Nel Nuovo Testamento, Gesù pone in luce la ragione profonda del digiuno, stigmatizzando l'atteggiamento dei farisei, i quali osservavano con scrupolo le prescrizioni imposte dalla legge, ma il loro cuore era lontano da Dio. Il vero digiuno, ripete anche altrove il divino Maestro, è piuttosto compiere la volontà del Padre celeste (…). Egli stesso ne dà l'esempio rispondendo a satana, al termine dei 40 giorni passati nel deserto, che « non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio » (Mt 4,4). Il vero digiuno è dunque finalizzato a mangiare il « vero cibo », che è fare la volontà del Padre (cfr Gv 4,34).
Se pertanto Adamo disobbedì al comando del Signore « di non mangiare del frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male », con il digiuno il credente intende sottomettersi umilmente a Dio, confidando nella sua bontà e misericordia. Troviamo la pratica del digiuno molto presente nella prima comunità cristiana. Anche i Padri della Chiesa parlano della forza del digiuno, capace di tenere a freno il peccato (…) ed aprire nel cuore del credente la strada a Dio.
Ai nostri giorni, la pratica del digiuno pare aver perso un po' della sua valenza spirituale e aver acquistato piuttosto, in una cultura segnata dalla ricerca del benessere materiale, il valore di una misura terapeutica per la cura del proprio corpo. (…) ma per i credenti è in primo luogo una « terapia » per curare tutto ciò che impedisce loro di conformare se stessi alla volontà di Dio.
Nella Costituzione apostolica Pænitemini del 1966, Paolo VI ravvisava la necessità di collocare il digiuno nel contesto della chiamata di ogni cristiano a « non più vivere per se stesso, ma per colui che lo amò e diede se stesso per lui, e ... anche a vivere per i fratelli ». La Quaresima potrebbe essere un'occasione opportuna per riprendere (…) valorizzando il significato autentico e perenne di quest'antica pratica penitenziale, che può aiutarci a mortificare il nostro egoismo e ad aprire il cuore all'amore di Dio e del prossimo (…).
La fedele pratica del digiuno contribuisce inoltre a conferire unità alla persona, corpo ed anima, aiutandola ad evitare il peccato e a crescere nell'intimità con il Signore. Privarsi del cibo materiale che nutre il corpo facilita un'interiore disposizione ad ascoltare Cristo e a nutrirsi della sua parola di salvezza. Con il digiuno e la preghiera permettiamo a Lui di venire a saziare la fame più profonda che sperimentiamo nel nostro intimo: la fame e sete di Dio.
Emerge con grande chiarezza che il digiuno rappresenta una pratica ascetica importante, un'arma spirituale per lottare contro ogni eventuale attaccamento disordinato a noi stessi. Privarsi volontariamente del piacere del cibo e di altri beni materiali, aiuta il discepolo di Cristo a controllare gli appetiti della natura indebolita dalla colpa d'origine, i cui effetti negativi investono l'intera personalità umana.
A ben vedere il digiuno ha come sua ultima finalità di aiutare ciascuno di noi, come scriveva Giovanni Paolo II, a fare di sé dono totale a Dio (cfr Veritatis splendor, 21). La Quaresima sia pertanto valorizzata in ogni famiglia e in ogni comunità cristiana per allontanare tutto ciò che distrae lo spirito e per intensificare ciò che nutre l'anima aprendola all'amore di Dio e del prossimo. Penso in particolare ad un maggior impegno nella preghiera, nella lectio divina, nel ricorso al Sacramento della Riconciliazione e nell'attiva partecipazione all'Eucaristia, soprattutto alla Santa Messa domenicale.
Ci accompagni la Beata Vergine Maria e ci sostenga nello sforzo di liberare il nostro cuore dalla schiavitù del peccato per renderlo sempre più « tabernacolo vivente di Dio ».
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La frase :
« Il digiuno è l'anima della preghiera. »
San Pietro Crisologo