L'apologetica di Tertulliano
Al centro delle persecuzioni
Tertulliano è uno dei primi apologeti ad aver difeso il valore del cristianesimo nel II secolo, in tempo di persecuzioni. Il suo temperamento ardente fece di lui un personaggio contrastato tra una giovinezza pagana e una conversione al cristianesimo intorno al 195, prima di sprofondare definitivamente nell'eresia montanista intorno al 207. Tuttavia, per la loro profondità di visione e di fede, gli scritti di Tertulliano sopravviveranno attraverso i secoli. San Vincenzo di Lérins (V sec.) diceva addirittura : « Tutto è collegato con una sorta di rigore logico così sorprendente da costringere anche coloro che non riusciva a persuadere ad aderire alle sue opinioni. Con lui, tante parole, quasi altrettanti pensieri; tante idee, altrettante vittorie. »
Tra gli scritti di Tertulliano, prenderemo in considerazione uno dei più conosciuti: L'Apologeticum, scritto intorno al 197. In questo trattato, il padre della Chiesa, da buon giurista di formazione, difende la religione cattolica contro tutti gli insidiosi attacchi dell'Impero Romano. Tertulliano inizia la sua opera denunciando la malafede dei giudici ingiusti contro i cristiani. I pagani, infatti, preferivano condannare ciò che non conoscevano, piuttosto che avere l’onestà di cercare la verità e correre il rischio di convertirsi : « Prova dell'ignoranza, che l'ingiustizia condanna, mentre vorrebbe scusarla, si è che tutti coloro, che per l'addietro odiavano, perché ignoravano, appena di ignorare cessano, anche cessano di odiare. » (Apolog. 1). [N.d.T Le citazioni sono tratte da TERTULLIANO – “APOLOGETICO” - Introduzione e Traduzione a cura di Onorato Tescari (1951)] « la diceria - dice Tertulliano - sia da tanto tempo consapevole essa sola dei delitti dei Cristiani. Questa, quale delatrice, contro di noi producete: la quale ciò che una volta ha blaterato e per tanto spazio di tempo nell'opinione rafforzato, non è fino ad oggi riuscita a provare. » (Apolog. 7).
Una delle dicerie a cui Tertulliano si preoccupa di replicare si riferisce al sacrificio di bambini durante le cerimonie cristiane. Lui risponde : « Quanto a noi, essendoci l'omicidio una volta per tutte interdetto, anche la creatura concepita nel grembo, mentre tuttora il sangue le deriva a formare l'uomo, dissolvere non lice. è un omicidio affrettato impedire di nascere (…) E' uomo anche chi è per diventarlo; anche ogni frutto già nel seme esiste. » (Apolog. 9).
Il suo trattato riprende anche i punti che lo avevano toccato all’epoca della sua conversione. In primo luogo, i cristiani seguono il comandamento della carità di Nostro Signore : « Guardate come si amano. » Inoltre, sono mariti di una sola donna. E infine vanno alla morte cantando: « Ma continuate pure, o buoni governatori: ché molto migliori agli occhi del popolo diventerete, se dei Cristiani gli immolerete. Tormentateci, torturateci, condannateci, stritolateci: la vostra iniquità infatti della nostra innocenza è prova. Per questo Dio tollera che noi codesto si patisca. » (Apolog. 50).
In questo capitolo si trova anche la famosa frase : « è semenza il sangue dei Cristiani. (Semen est sanguis) ». È quindi su questa linea che Tertulliano conclude la sua opera: «quando da voi siamo condannati, da Dio siamo assolti.»