Humanae Vitae : regna la confusione
Il convegno sull'Humanae Vitae organizzato dalla Cattedra Internazionale di Bioetica Jérôme Lejeune a Roma (v. pag. 2) è stato introdotto da un importante discorso del Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, il Cardinale Ladaria Ferrer (sopra), il 19 maggio. In esso ha ricordato che "la verità espressa nell'Humanae Vitae non cambia" l'insegnamento della Chiesa sulla sessualità.
Ha anche descritto a lungo le conseguenze del rifiuto dell'enciclica: l'antropologia contraccettiva, che separa la vocazione all'amore dalla vocazione alla fecondità - e di cui il transumanesimo e l'ideologia gender sono due espressioni - riduce il corpo a pura materialità manipolabile ("il mio corpo mi appartiene"), irrilevante per l'identità personale. Riduce la persona alle sue connessioni neuronali, che possono essere trasferite "in un altro corpo umano, in un corpo animale, in un cyborg o in un semplice file di memoria". Questo ha portato alla perdita della verità dell'amore umano e della famiglia, all'aumento del numero di aborti e alla manipolazione della trasmissione della vita ("sessualità senza figli, poi produzione di figli senza atto sessuale"), ora valutata in termini di utilità, qualità di vita, che giustifica l'eugenetica e l'eutanasia.
La stessa sera, monsignor Paglia (a fianco), presidente della Pontificia Accademia per la Vita ha espresso nei media ufficiali vaticani una posizione opposta a quella del cardinale Ladaria, e di conseguenza all'Humanae Vitae. Affermando che "l'amore coniugale, in quanto tale, è fecondo", ma che “il riconoscimento della connessione inscindibile tra amore coniugale e generazione non significa che ogni rapporto coniugale debba necessariamente essere fecondo", in vista di aprire la porta alla legittimità (in certi casi) della contraccezione artificiale, monsignor Paglia sembra giocare con le parole. Eppure San Paolo VI è chiaro: "Il matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati per loro natura alla procreazione e all'educazione della prole" (HV 9). Pertanto, "qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita" (HV 11), vale a dire che "un atto coniugale reso volontariamente infecondo [è] intrinsecamente non onesto" (HV 14).
Ad ogni modo, per monsignor Paglia, l'Humanae Vitae ha semplicemente sollevato una domanda, sulla cui risposta "è molto importante continuare a riflettere" perché "non si può fare teologia con un "no" davanti". Insomma mette radicalmente in discussione l'insegnamento di Paolo VI, dimenticando che l'importanza data da Giovanni Paolo II all'Humanae Vitae le conferisce un'autorità vicina all'infallibilità.
D'altra parte, la teologia è fine a se stessa, indipendente dalla verità? In altre parole, la verità cambia a piacimento dei teologi? In effetti, monsignor Paglia sembra sottintendere che, se all'epoca "la pillola sembrava il male assoluto", oggi i veri problemi sono altrove: nella guerra e nella distruzione dell'ambiente. La difesa della vita nascente e dell'amore umano sarebbe dal fatto stesso relativizzata. La fecondità dell'amore coniugale? In realtà, sta nelle relazioni interpersonali: "Penso che questa Enciclica vada letta, oggi, nella sua attualità, che riguarda la generatività dei rapporti umani.". Benché Monsignor Paglia si consideri essere "d'accordo su ogni passaggio di Humanae vitae", la sua interpretazione apre la porta a conclusioni che la contraddicono.
Crediti fotografici : José Santamaria Cruz – CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=68266227